
A dire il vero non è neanche la prima volta in assoluto che mi occupo di lui in questo blog, sebbene in passato lo abbia fatto solo di sfuggita, all'interno del secondo post sul cinema della Storia dell'occhio. Mentre l'origine del mio interesse per le sue opere e la storia della sua vita risale a molto tempo fa: alla lettura, nel 1979, di un articolo* che gli aveva dedicato il mensile di fotografia Photo, che in quel periodo acquistavo regolarmente in edicola. Molinier era morto da tre anni. E per non andarsene con una morte dall'effetto minore della vita che aveva vissuto, quando giudicò che il suo corpo fosse ormai un abito troppo logoro per essere portato più a lungo, si sparò, come già prima di lui suo padre, un colpo di pistola in bocca. Lo fece mentre si guardava allo specchio, e, forse, anche mentre si masturbava. Aveva 76 anni e sulla porta del suo appartamento di Bordeaux, al 7 di rue des Faussets, che abitava dal 1931, aveva lasciato un biglietto con su scritto l'ora della morte e la richiesta di rivolgersi al suo avvocato per le chiavi dell'appartamento. Una seconda nota, accanto al suo cadavere, inveiva invece contro tutti quei bastardi che gli avevano reso l'esistenza difficile. Nelle stanze di quell'appartamento era andata in scena, per circa quarant'anni, la parte più fantastica di una vita incredibile.
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Foto dal sito Strange Flowers |
Figlio di un imbianchino e decoratore di interni e di una sarta, Pierre Molinier nasce ad Agen il 13 aprile 1900 (Di venerdì santo, per fare un dispetto a Dio, dirà in seguito) e studia presso una scuola cattolica del posto (anche se lui preferirà dire di avere studiato "dai gesuiti"). Nel 1913, al termine della scuola, iniziò a lavorare con il padre, frequentando allo stesso tempo un corso serale di disegno. Ma si appassionò molto presto anche alla fotografia.
Tra gli avvenimenti che caratterizzarono la sua giovinezza, uno risalta più di ogni altro, ed è il tragico epilogo della relazione incestuosa che intratteneva con la sorella minore. La ragazza morì in giovanissima età e proprio a questa circostanza risale un episodio di dubbia veridicità, ma che, reale o immaginario che sia, sembra racchiudere in sé tutta la cifra dell'esistenza successiva di Pierre Molinier. Come raccontò anni dopo, approfittò dell'occasione di essere rimasto solo con la sorella morta allo scopo di scattarle delle fotografie, per carezzarle le gambe, masturbarsi ed eiaculare sulla veste della prima comunione che lei indossava in quel momento. «Portò con sé nella morte il meglio di me» è la sua chiosa finale all'aneddoto.
Ma l'evento è anche l'inizio, per Pierre Molinier, del perseguimento ostinato, lungo un'intera vita, dell'androginia - apparente tentativo estremo di fusione e ri-creazione della sorella come parte di sé. Le sue stesse, belle, gambe ricordano a Molinier quelle bellissime e amate della sorella, e sono quindi degne di diventare a loro volta un oggetto culto e le attrici principali di un gran numero dei suoi autoritratti in veste androgina.
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Foto dal sito sang bleu magazine |
Dopo questo episodio, Pierre Molinier inaugura la sua attività di imbianchino in proprio e si trasferisce a Bordeaux, dove, nel 1927, presenta una serie di suoi dipinti, paesaggi e ritratti di influenza impressionista o in stile Fauve, all'esposizione annuale del Salon della Société des artistes indépendants bordelais, da lui stesso fondata insieme ad altri pittori. Vi esporrà regolarmente fino al 1951, anno in cui dà scandalo partecipando con una tela coperta da un velo nero. Chiunque decida di sollevare il panno e scrutare quel che vi è nascosto dietro, si trova contemplare un'opera di difficile decifrazione intitolata Le grand combat.
Sono corpi che fanno l'amore, spiega Molinier, che aggiunge di aver mescolato ai colori della pittura delle gocce del suo sperma.
Lo scandalo si ripete dieci anni dopo, all'Esposizione internazionale del Surrealismo di Milano del 1961. Molinier era stato accolto, da alcuni anni, nelle fila del movimento guidato da André Breton, suo grande estimatore, che aveva anche scritto, nel 1956, la prefazione al primo catalogo delle sue opere.
L'opera esposta a Milano è Les dames au pistolet, ma nelle intenzioni originali di Molinier avrebbe dovuto essere un'altra, Oh Marie, mère de Dieu. Giudicata però eccessiva perfino in base ai canoni del Surrealismo, quest'ultima era stata respinta da Breton. «Vorrà dire che la invierò al papa" gli aveva replicato secco Molinier «così farà compagnia all'Inferno di Michelangelo in Vaticano!». L'episodio segna anche la rottura definitiva tra l'artista, che aveva comunque sempre mantenuto una notevole indipendenza di intenti, e il movimento surrealista.
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Oh Marie, mère de Dieu (vers. 1965) |
Ma è adesso arrivato il momento, dopo questa serie di rapide pennellate appena sufficienti ad affrescare la sintesi di una porzione della vita dell'artista, di presentare l'avvenimento che permette a questo post di candidarsi a un posto nell'evento Ispirazioni & Co. di questo mese che ha come tema la parola Mandala.
L'avvenimento in questione risale, secondo il racconto dello stesso Pierre Molinier, al 1936, ed è per certi versi più incredibile di quelli che ho descritto finora.
Quell'anno bussano alla porta del suo appartamento di rue de Fassets due monaci tibetani residenti a Parigi, che gli avanzano la strana richiesta di dedicarsi, da quel momento in poi, al mandala erotico. Ma doveva farlo in segreto, aggiunsero, e motivarono la loro richiesta con il fatto che lui, Molinier, era nato in un particolare giorno del 1900 che lo rendeva il prescelto per quell'incarico.
Ma chi erano i "mandanti" di una simile richiesta? Trinley Gyatso, XIII Dalai Lama, era morto da tre anni e il suo successore, l'attuale Dalai Lama Tenzin Gyatso, era nato soltanto l'anno prima, nel 1935. E perché il controverso artista francese avrebbe dovuto essere coinvolto dalle autorità religiose tibetane nella loro missione in Europa? Perché assegnargli il preciso compito di creare mandala erotici?
Se l'episodio è reale come sembra essere, e non un semplice frammento di autobiografia fantastica utilizzato dall'autore per spiegare la svolta "esoterica" che la sua arte subirà di lì a poco, ci troviamo davanti a un episodio che può essere visto, a seconda delle inclinazioni personali, come di grande fascino o fortemente inquietante, soprattutto se collocato sullo sfondo della realtà europea del periodo. Quel che è certo è che Molinier si iscrisse in seguito alla Framassoneria e che le sue opere dopo il 1940 pullulano di simboli massonici.
Concludo il post con una brevissima rassegna di immagini in tema con l'evento. Come ho accennato sopra, ci sarebbe molto altro da dire - nel bene e nel male - su questo misterioso, e a suo modo grande, artista. E chissà che in futuro io non torni ancora a occuparmi di lui. Chissà.
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Sur le pavois (Chaman n° 26, c. 1968) |
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Le chaman et ses créatures (1970) |
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* Martin, Jean-Hubert, Pierre Molinier: travestissements d’un surréaliste maudit in PHOTO n° 145 (Janvier 1979, pp. 56-130-132-140).
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Con questo post ho partecipato al XIV evento di #ispirazioniandco #mandala