Parte II - Capitolo 1 /8
La Bury St. Edmunds Library era una vecchia costruzione di mattoni rossi a due piani, di grandi dimensioni e dalla forma irregolare ma compatta, situata all'angolo tra St. Andrews Street e Sergeants Walk. Un'aggiunta recente a un solo piano, di vetro e acciaio, portava alla sala di ingresso e al bancone della reception.
Massimo era tuttavia deciso a non interpellare nessuno se non si fosse rivelato necessario. Entrò senza quasi guardarsi intorno, e subito si incamminò nella sala semivuota, con tutta la disinvoltura di cui era capace, fino al pannello di laminato bianco con impressa la pianta dell'edificio. La stanza con i libri dedicati alla storia locale si trovava al piano terra, e lui vi si diresse senza indugio. La sua idea era di provare a rintracciare il libro di storie e leggende del Suffolk che aveva avuto tra le mani per alcuni minuti, nell’unico pomeriggio in cui Paula Susi si era presa cura di lui da sveglio. Se fosse riuscito a trovarlo, avrebbe avuto la prova inoppugnabile che non si era sognato un bel niente. Cercò di ricordarsi l’immagine di copertina, ma la visione nella sua mente era così sfocata e fluida da ridursi a una serie di macchie di colore dall’aspetto variabile come quello di protozoi che tentassero di divorarsi a vicenda. Era comunque abbastanza certo che il titolo comprendesse sia la parola “folk-tales” che il toponimo Suffolk e di disporre quindi di elementi sufficienti a permettergli di riconoscere il libro, nel caso fosse stato negli scaffali.
Ed eccomi tornato sul pianeta terra, si disse una ventina di minuti più tardi al termine della sua ricognizione. La strana, quasi sovrannaturale certezza, che lo aveva accompagnato fino a un minuto prima, sul successo a cui era destinata la sua ricerca, si era appena infranta contro l’evidenza di un nulla di fatto. I termini “Suffolk” e “folk tales” comparivano sì più volte nei titoli dei volumi presenti nella stanza, ma nessuna copertina li presentava associati tra loro. Non era però detta l’ultima parola: forse il libro aveva una diversa collocazione, oppure era in prestito. Non gli restava che vincere la sua esitazione e andare alla reception a informarsi.
Dopo un rapido scambio di saluti con la ragazza dai capelli rossi in piedi dietro al bancone - “Patricia Hendricks”, lesse automaticamente sulla targhetta che aveva spillata al petto - Massimo le affidò la sua richiesta.
«Un libro con le parole “Suffolk” e “folk tales” in copertina?» ripeté lei senza cambiare tono di voce «Controllo subito». Ma non aveva finito di voltarsi verso il casellario con le schede dei titoli, che sollevò la mano all’altezza della fronte, come se si fosse appena ricordata di qualcosa.
«Santo cielo» esclamò, «sono proprio una sciocca a non averlo capito a prima vista. Lei può essere solo l’italiano… il ricercatore amico di Paula, voglio dire».
Massimo per un momento sentì come se il terreno gli sparisse da sotto i piedi e si tenne d’istinto con entrambe le mani al bordo del bancone. Se la ragazza lo avesse guardato in quel momento, avrebbe visto un volto assurdamente esangue, pietrificato in un’espressione di stupore assoluto. Per fortuna, si era invece messa a cercare qualcosa sotto al banco.
«Ero certo di averla messa in questo cassetto… ah, ecco».
Tornò completamente eretta e gli porse una busta. «Paula è stata qui ieri» continuò, «e mi ha detto che si sarebbe fatto vivo uno di questi giorni. L’aspetta a casa sua, a Woolpit. Ha lasciato in questa busta le istruzioni per trovare il posto. Sa, abita un po’ fuori del paese».
Massimo allungò la mano e prese la busta. «Grazie» fu tutto quello che, con grande sforzo, riuscì ad aggiungere.