La sensazione che ho oggi, nel pubblicare, è qualcosa del genere di trovarmi al centro di un mini terremoto che scuota il mio blog fin nella fondamenta, con l'apparizione, per la prima volta in assoluto, di un guest post nelle sue pagine. Ne è autore lo scrittore Marco Lazzara, intestatario del blog Arcani, che è anche il titolo del suo nuovo libro. Marco ha voluto farmi la sorpresa, che ho molto gradito, di scrivere un post prendendo come spunto il sottotitolo (o vero titolo) del mio blog: Cronache del Tempo del Sogno. In altri termini, quella che state per leggere è una sintetica, ma precisa, esposizione della religiosità aborigena australiana così come gli etnologi e gli studiosi delle religioni ce l'hanno fatta conoscere. Io stesso ho parlato in più occasioni, qua è là nel blog, di questa affascinante e complessa mitologia, a cui ho dedicato anche il progetto di una Graphic Novel dal titolo Dreamtime Returns. E' tutto materiale a cui potrete risalire in seguito, se vorrete, o tramite le pagine statiche o utilizzando i tags che compaiono qui a destra, mentre per il momento vi consiglio di godervi semplicemente questa nuova, felice tappa dell'Arcani tour di Marco Lazzara.
Arcani Tour #5 – L’Imperatore
(Guest-Post di Marco Lazzara)
L’Arcani Tourè un giro promozionale del mio secondo libro, Arcani, per i blog che decidono di ospitare l’iniziativa. Il blogger che partecipa deve scegliere una carta dei Tarocchi, ognuna delle quali nel mio libro è rappresentata da un racconto, e riceve in cambio da me un guest-post correlato. Ivano Landi (che ringrazio dell’adesione) ha scelto la carta de L’Imperatore.
La Carta:“L’Imperatore, dominatore e re terreno, rappresenta il potere temporale; la sua mano è mossa da grande intelligenza e creatività, acquisite attraverso la profonda conoscenza del mondo e dei suoi abitanti, maturata attraverso gli anni.”
Il racconto nel mio libro: Si tratta de Il Piccolo Re dell’Orrore, dove il giovane Stevie, amante del rock ‘n’ roll e dei fumetti horror, dovrà affrontare il Babau che vive nel suo armadio...
Il Tempo del Sogno
C’è un dedalo di invisibili sentieri che copre tutta quanta l’Australia. Gli Europei lo chiamano Piste del Sogno o Vie dei Canti, mentre gli aborigeni Orme degli Antenati o Via della Legge. I miti aborigeni sulla creazione narrano di creature totemiche che nel Tempo del Sogno, l'epoca antecedente alla creazione, avevano percorso il mondo cantando il nome di ogni cosa in cui si imbattevano e che attraverso il canto avevano fatto esistere il mondo stesso. Il Tempo del Sogno è da intendersi in quello che noi chiameremmo dimensione: rimane accessibile agli aborigeni proprio attraverso il sogno, grazie a cui possono comunicare con gli spiriti, decifrare il significato di presagi, comprendere le cause di malattie e sfortune.
In principio la Terra era una pianura sconfinata e tenebrosa, separata dal cielo e dal mare, avvolta in un crepuscolo indistinto: Sole, Luna e Stelle non c’erano, perché si trovavano al di sotto della crosta terrestre. Il mattino del Primo Giorno al Sole venne voglia di nascere, così squarciò la superficie e inondò la Terra di luce. Alla sera, anche la Luna e le Stelle lo imitarono.Assieme al Sole giunse il grande Serpente Arcobaleno, che risalendo dal sottosuolo verso la superficie creò rilievi montuosi e canyon, distribuendo così l'acqua lungo la superficie.
Sulla crosta terrestre si vedevano soltanto delle buche con dei molli ammassi di materia concentrati intorno a esse: ciascuna aveva però in sé l’essenza della vita, perché in ognuna dormiva un Antenato. Intanto che le buche andavano riempiendosi d’acqua, il Sole appena nato iniziò a riscaldarle: allora gli Antenati si sollevarono, scrollando via il fango. Ognuno di essi, alzandosi, disse a gran voce “Io sono!”, aggiungendo poi: “Sono il Serpente... il Cacatua... la Formica del miele... il Bandicoot”. Da quel momento e per sempre quel primordiale dare nome fu considerato il distico più sacro e segreto del Canto dell’Antenato, il Sogno a cui sarebbero appartenuti i suoi discendenti, legati all’animale totemico di cui sarebbero stati fratelli.
Gli Antenati si crearono quindi da sé con l’argilla, a migliaia, uno per ogni specie totemica. Perciò quando un aborigeno dice “ho un Sogno Wallaby” intende dire di appartenere al clan Wallaby. Ma il Sogno è molto più di un semplice emblema: ogni Uomo Wallaby ritiene di discendere da un Padre Wallaby universale, antenato di tutti gli uomini wallaby e anche di tutti i wallaby. Per quello specifico clan, uccidere un wallaby e poi cibarsene verrebbe considerato un atto di fratricidio e cannibalismo. Ogni Uomo del Tempo Antico iniziò poi a dare il nome a tutte le cose del mondo, e con questi nomi intessé dei versi.
Gli Antenati avevano dunque creato il mondo cantandolo, per cui nessun aborigeno poteva concepire che il mondo fosse in qualche modo imperfetto. Essi non credevano all’esistenza di qualcosa finché non lo avevano visto e cantato: questo perché anche nel Tempo del Sogno il mondo non era esistito finché gli Antenati non lo avevano cantato. La vita religiosa aveva quindi un solo scopo: conservare la terra com’era e come doveva essere.
Gli Antenati avevano poi percorso il mondo cantando e lasciando in ogni punto una scia di musica, avvolgendolo interamente in una rete di canto: queste Piste del Sogno rimasero sulla terra come vie di comunicazione tra le tribù più lontane. Un canto faceva quindi da mappa: a patto di conoscerlo, si poteva sempre trovare la strada, ovvero ci si spostava seguendo una Via del Canto. Se un uomo deviava dalla propria via, sconfinava, il che poteva costargli un colpo di lancia; se invece rimaneva sulla via, avrebbe sempre potuto trovare persone con il suo stesso Sogno, da cui aspettarsi ospitalità. La Via del Canto era anche un itinerario di scambi commerciali, anche se erano i canti, non gli oggetti, il principale strumento di scambio: il baratto degli oggetti era solo secondario a quello dei canti. Prima dell’arrivo dei bianchi, nessuno era senza terra perché ereditava un pezzo del Canto dell’Antenato, di cui diveniva proprietario.
Ogni clan conservava un certo numero di racconti del Tempo del Sogno, dei quali era responsabile. Gli anziani svolgevano il ruolo di loro custodi e avevano il compito di tramandarli alle nuove generazioni. Alcuni però erano segreti e potevano venire rivelati solo a particolari individui o a gruppi: alcune storie del Tempo del Sogno erano conosciute solo dagli uomini, altre solo dalle donne. Se gli Anziani di un clan decidevano che era tempo di cantare il proprio ciclo di canti dall’inizio alla fine, inviavano messaggi lungo l’intera Pista: allora uno dopo l’altro tutti i proprietari cantavano il loro pezzo di orme dell’Antenato, sempre nella sequenza esatta. Invertire l’ordine dei versi era considerato un sacrilegio, perché sarebbe equivalso a distruggere il creato: di solito veniva punito con la morte.
Nasceva poi da qui il walkabout (“giringiro”), abitudine degli aborigeni per cui essi all’improvviso partivano, senza nessun preavviso e senza ragione, stando via per settimane, mesi, anni, attraversando a piedi mezzo continente, per poi tornare indietro come se niente fosse. L’uomo in walkabout compiva un viaggio rituale, calcando le orme del proprio antenato, di cui cantava le strofe senza cambiarne una parola o una sola nota: in questo modo ricreava il Creato.
C’erano poi precise regole per tornare indietro, cioè giungere a una giusta morte, ovvero tornare cantando al luogo cui si apparteneva, il luogo del proprio concepimento: lì era custodito il proprio tjuringa (tavola con estremità ovali, intagliata nella pietra o nel legno di mulga, con disegni che rappresentavano gli itinerari del proprio antenato). Solo allora si poteva diventare (o ridiventare) l’Antenato, arrivando quindi a una sorta di eternità.
Per seguire gli altri post dell’iniziativa, vedi: http://tinyurl.com/hap3fs3
Link al mio libro: http://tinyurl.com/zwtwq9j
E adesso che l'ospite ha detto la sua, riprendo io, il cronista del blog, la parola. Spero che quello che avete appena letto vi sia piaciuto altrettanto di quanto è piaciuto a me. Voglio solo aggiungere, in chiusura, un grande, doveroso grazie a Marco. E un invito, rivolto a voi lettori, a non far mai mancare il vostro sostegno alle sue iniziative.