E' da poco uscita nelle nostre edicole, a cura di Hachette, The Savage Sword of Conan Collection, versione italiana della prestigiosa The Savage Sword of Conan, pubblicata negli USA dalla casa editrice Dark Horse con lo scopo di riproporre, in edizione de-luxe, tutto quanto apparso sul celebre magazine della Marvel nel corso del suo lungo arco di vita (235 numeri pubblicati tra il 1974 e il 1995).
I sessanta volumi previsti dall'iniziativa editoriale italiana non sembrano tuttavia sufficienti a riproporre l'intero contenuto dei ventidue giganteschi tomi (dal numero di pagine che oscilla tra 500 e 600 ciascuno) pubblicati dalla Dark Horse, e dovrebbe quindi trattarsi di una selezione, intesa a presentare soltanto il meglio del magazine Marvel. Le circa 130 pagine a fumetti di questo primo volume nostrano corrispondono in ogni caso in tutto e per tutto al primo quarto circa del totale di pagine del volume originale americano, e si può quindi immaginare che i rimanenti tre quarti vadano a costituire i successivi tre volumi dell'edizione Hachette.
Sia come sia, per quel che riguarda me, negli acquisti non andrò oltre questa prima uscita, poiché più nessun disegnatore di Conan, con la possibile eccezione del grande Gil Kane, è stato secondo me in grado di eguagliare il Maestro Barry Smith e il meglio del magazine è perciò, dal mio punto di vista, già tutto in queste 130 pagine. Auguro comunque ugualmente, a tutti i fan dello scimmione buscemiano, una buona continuazione di collezione. La collana ha in fin dei conti tutte le carte in regola, grazie anche al buon rapporto qualità/prezzo, per ingolosire sia i fan del Cimmero che i fan di John Buscema, e ottenere così il successo che merita.
Un'altra particolarità di questo primo volume dell'edizione Hachette, la si potrebbe anzi dire una coincidenza fortunata, è che ha l'esatto numero di pagine che serve a presentare tutte e cinque le storie di Conan apparse sui cinque numeri di Savage Tales pubblicati dalla Marvel tra il 1971 e il 1974, prima della nascita di The Savage Sword of Conan. In questa primitiva versione del magazine, Conan coabitava con un altro personaggio marveliano, il tarzanide Ka-zar.
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Una bellezza tipica di John Buscema sbattuta in prima pagina nella storia di Ka-zar di Savage Tales #5 |
Ma veniamo ora, esaurita la premessa, alla questione centrale del post, che è quella espressa dal suo titolo, e cominciamo proprio da dove tutto è iniziato: il primo numero di Savage Tales, pubblicato nel lontano maggio 1971. Nell'esplosione dei magazine targati Marvel che ha caratterizzato l'inizio degli anni '70 (la maggior parte dei quali dedicati all'horror), Conan era certo uno dei personaggi di proprietà della "casa delle idee" che meglio si prestavano ad avervi una parte. La particolare natura del magazine aveva inoltre, rispetto al comic-book, le caratteristiche essenziali necessarie a mettere in piena luce l'enorme talento figurativo di Barry Smith, il disegnatore titolare dei comic-books di Conan, arruolato all'inizio dalla Marvel solo perché era poco più di un esordiente e poteva quindi essere pagato di meno di un grosso nome, in una serie dagli esiti commerciali imprevedibili come era ancora considerata Conan the Barbarian. E in effetti il risultato è esattamente quello cercato: la storia di Conan che appare nel primo numero di Savage Tales, The Frost Giant's Daughter, ottimamente adattata da Roy Thomas, lo scrittore titolare della serie Conan the Barbarian, da un racconto del creatore di Conan Robert E. Howard, è di una bellezza sfolgorante, anche esaltata dal bianco e nero che permette a Barry Smith di arricchire i suoi già notevoli disegni con raffinatissimi fraseggi di mezzetinte. Ecco, a titolo di esempio, tre campioni ritagliati (dall'alto in basso) dalla quinta, sesta e nona pagina (di undici) della storia.
Non ho scelto a caso i tre campioni, bensì perché ben si prestano ai fini del mio discorso Ecco infatti come sono stati riproposti, alcuni mesi dopo, nel numero 16 della collana "regolare", ovviamente a colori, Conan the Barbarian.
Nulla di strano riguardo alle censure dei nudi. Una delle motivazioni che spingevano a scegliere la formula del magazine rispetto a quella del comic-book era proprio la maggiore libertà di azione, non essendo i magazines soggetti alle stesse restrizioni imposte ai comic-books dall'authority delegata a vigilare sui requisiti morali di prodotti che finivano anche nelle mani dei bambini.
The Frost Giant's Daughter non avrebbe mai potuto apparire, all'epoca, su Conan the Barbarian così come era stata pubblicata su Savage Tales e si era per questo ovviato al problema dei nudi vestendo (si fa per dire) la figlia dei giganti del ghiaccio con due veli anziché uno e con qualche ciocca di capelli in più. Così, quando Conan strappa il velo che "copre" la ragazza, lei ne ha uno di riserva, seppure a solo uso e consumo dei lettori.
Ma vediamo adesso la versione, ricolorata stavolta in digitale, degli stessi tre campioni, tratta dal secondo volume di The Conan Chronicles, ristampa in trentaquattro eleganti volumi della serie Conan the Barbarian, sempre a cura della Dark Horse.
Ovviamente la censura rimane, trattandosi della ristampa del comic-book, tuttavia il velo riacquista un po' della trasparenza originale e ne trapela il contorno della ragazza, ottenuto però stavolta come effetto della ricolorazione della pagina. Anche in questa versione "XXI secolo" le mezzetinte soffrono dell'intervento del colore, ma un po' meno di quanto succedeva nel Conan the Barbarian originale. L'effetto d'insieme è quello di una maggiore pulizia e di un miglior equilibrio cromatico. Il digitale consente inoltre di giocare a piacimento con gli effetti luminosi, sebbene a scapito del disegno di Barry Smith.
E veniamo infine alla parte più attuale, relativa alla collana The Savage Sword of Conan della Dark Horse (sebbene, come potrete verificare se avete accanto a voi la vostra copia di "Chiodi rossi", il discorso valga anche per l'italiana TSWOC collection). Qui vi sarebbe, in teoria, il ritorno allo splendore dell'origine, sia nel formato, che è quello del magazine, che per la stampa in bianco e nero. Eppure, vi basterà confrontare le immagini in questo post per rendervene conto, qualcosa non torna ugualmente. Qualcosa si è perso per strada e la qualità della proposta Dark Horse/Hachette non si rivela completamente all'altezza dell'originale di Savage Tales. Problemi di accessibilità al materiale originale? O dipende dal metodo di riproduzione scelto? Ai tecnici del settore, se ve ne sono che leggono queste mie parole, la risposta.
E nel prossimo post il discorso continua, con le storie contenute nei successivi numeri di Savage Tales e le loro ristampe.
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L'immagine di apertura del post è: Ken Kelly, Red Nails (1971).