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Channel: Ivano Landi
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The Pleasure of Pain II - Le quaranta giornate di Sade & PoP II Extended: Bilancio in breve di uno Speciale

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Considero che sia ormai tempo, alle soglie della pausa invernale, di fare un bilancio di questa lunga cavalcata autunnale che ha visto sommarsi insieme lo speciale The Pleasure of Pain II: Le quaranta giornate di Sade e il suo Extended, per un totale di 70 giorni e 22 post - 14 miei e 8 a opera dei seguenti guest-blogger (in ordine di pubblicazione): Max, T.O.M., Ariano Geta, Alessia H.V., Lucius Etruscus (2 post), Simona B, Cassidy. Settanta giorni e ventidue post a cui vanno poi aggiunti i trenta giorni e i diciassette post dello Speciale primaverile del blog The Obsidian Mirror, The Pleasure of Pain: inside, outside and all around the hellbound heart, di cui il mio Speciale è la prosecuzione autorizzata. Per un totale complessivo - e per oggi è l'ultima operazione aritmetica - di 100 giorni e 39 post di piacere e sofferenza.


Riandando ora indietro con il pensiero a circa cinque mesi fa, ossia al vero inizio del mio lavoro sullo Speciale, posso dire che di quel che avevo in mente allora ho realizzato abbastanza ma non proprio tutto. La mia idea originale era infatti di produrre due serie distinte, di quattro post ciascuna, ognuna delle quali avrebbe costituito, assieme a quattro guest-post, una metà delle Quaranta giornate di Sade: Dal sadismo a Sade e uno speciale su Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini - un film su cui sono già stati spesi fiumi e fiumi di inchiostro, per cui l'unico modo che avevo di aggiungere qualcosa di abbastanza inedito era di concentrarmi sulle fonti, a cominciare dalla sua fonte più diretta, il romanzo di Sade da cui il film è tratto, che è paradossalmente anche la meno esplorata.
Quel che è invece successo è che mi sono alla fine ritrovato con sette post (tra cui questo) di argomento vario e scritti sull'impulso del momento, spesso dietro stimolo dei post dei guest-blogger, e sette post della serie Dal sadismo a Sade ma che sono in realtà, tutti a eccezione del primo e in parte del secondo, dedicati al film di Pasolini. Così che ho anche tutta l'intenzione di modificarne presto il titolo in Da Sade a Pasolini, in modo da renderlo più coerente con i contenuti.

Foto di scena di Deborah Imogen Beer dal film Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (1975).

In quanto ai post che avrebbe dovuto formare Dal sadismo a Sade, sono rimasti in gran parte allo stato di abbozzo, nonostante avessi in mente un percorso abbastanza definito e soprattutto avessi chiaro il traguardo: la mia personale conferma alle considerazioni che Yukio Mishima affida all'eloquio della Marchesa de Sade nel finale del suo Madame de Sade:
Quando io lessi il suo romanzo [Justine], compresi per la prima volta che cosa lui stesse facendo in prigione. Mentre la folla sciamava nella Bastiglia da fuori, lui ne aveva già abbattute le mura da dentro, ed era rimasto in prigione per sua libera scelta. Voleva erigere una imperiscibile cattedrale del vizio. Piuttosto che dedicarsi al male, voleva creare un codice del male. Non le azioni, ma i princìpi. Non i piaceri notturni, ma l'idea di un'unica notte infinita. Non gli schiavi della frusta, ma la legge della frusta. Ossessionato dalla distruzione, creò invece qualcosa. Qualcosa di inspiegabile, di congenito in lui - che produceva forme trasparenti del male. Il mondo in cui noi viviamo adesso è una creazione del Marchese de Sade.

Fermo immagine dal film Markisinnan de Sade di Ingmar Bergman (1992).

E tuttora noi continuiamo a vivere in un mondo che è stato creato dal Marchese de Sade e da cui non sappiamo quando usciremo. Non perché vi siano più delitti sadici adesso di quanti ve ne erano prima che fossero scritte le opere che sono le colonne portanti del mondo sadico, Justine et Juliette e Le centoventi giornate di Sodoma... cioè, non per le azioni, che come aveva ben compreso de Sade hanno un'importanza secondaria, ma per i princìpi. Così che per  quanto grande potesse essere la sua aspirazione a tornare un uomo libero - Gli intervalli tra un atto e l'altro della mia vita sono stati troppo lunghi, ebbe a lamentarsi il Marchese in una sua lettera - ciò che lui non era in alcun modo disposto a fare era barattare i suoi princìpi per la libertà, o per la vita.
E "Dal sadismo a Sade" significava appunto: separare gli atti sadici, del sadismo, dai princìpi che hanno dato forma al mondo in cui viviamo.

Chiarito questo, ed evidenziata così l'incompiutezza di fondo di questo Speciale, significa forse che nel 2019 ci aspettano ancora altre Giornate di Sade? Magari fino a raggiungere proprio il fatidico numero Centoventi? Tutto dipenderà dalla motivazione che avrò a riprendere il discorso. Se cioè avrò ancora voglia di cimentarmi sulla figura e sull'opera Marchese de Sade dopo essermici già soffermato sopra così a lungo. Può darsi di sì, ma può anche darsi di no.


* * *


L'immagine di apertura del post è: J.M. Capuletti, La bottiglia delle Danaidi (particolare, n.d.)


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