Viaggiammo in lungo e largo per l’Europa, sulle tracce del film che stavamo scrivendo insieme. Studiammo i testi esoterici e alchemici più famosi dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento, scandagliammo le teorie di Rudolf Steiner, visitammo cattedrali che odoravano d’incenso, biblioteche che sapevano di muffa e molti luoghi considerati «maledetti». Raccogliemmo numerose testimonianze di presunte streghe, negromanti o di gente che aveva assistito a fenomeni paranormali nel cosiddetto «triangolo magico» - la zona al confine tra Svizzera, Germania e Francia.
Così si trova scritto a pagina 196 di Paura, l’autobiografia di Dario Argento curata da Marco Peano e pubblicata da Einaudi nel 2014. Oggetto del discorso è il viaggio attraverso l'Europa compiuto da Argento e Daria Nicolodi, all’epoca moglie del regista, in preparazione del film sulle streghe che sarebbe poi diventato, con il titolo di Suspiria, il primo capitolo della Trilogia delle Madri. Il nome di Daria Nicolodi, a detta di Argento una vera esperta di occultismo, figurerà poi accanto a quello del regista nell'accredito della sceneggiatura del film.
Il paragrafo sopra citato mi sembra tuttavia soffrire di qualche problema di elaborazione e/o stesura. Se consideriamo infatti che, secondo tradizione, il triangolo magico vede ai suoi vertici le tre città di Torino, Lione e Praga, mentre nella “zona al confine tra Svizzera, Germania e Francia” si situa la città svizzera di Basilea (e quindi Dornach, e quindi il Goetheanum), si nota subito che qualcosa non va. Ho perciò provato a fare una verifica sulla magica Wikipedia, con il risultato di scovare questo utile passaggio, che cita come fonte il documentario Suspiria 25th Anniversary incluso nel Disco 2 dell'edizione in DVD CDE Eagledel 2004:
Il regista ha dichiarato che l'ispirazione iniziale per il film nasce da un viaggio da lui compiuto attraverso le Capitali magiche europee (ovvero Torino, Lione e Praga) e alla visita della Scuola di Waldorf fondata da Rudolf Steiner e situata vicino Basilea nei pressi del centro del Triangolo Magicoformato dalla sovrapposizione dei confini di tre stati (Francia, Germania e Svizzera).
Leggermente più chiaro, ma secondo me non ancora abbastanza. In base a quale meccanismo i confini di Francia, Germania e Svizzera si sovrappongano al fine di formare un triangolo magico mi è oscuro. Sono invece tentato, in base alle due versioni della storia sopra riportate e ai dati oggettivi a disposizione, di ricostruire la frase in questi termini:
Argento e Nicolodi nel loro viaggio europeo hanno visitato le tre capitali del triangolo magico (Torino, Lione e Praga), hanno raccolto testimonianze su presunti fenomeni paranormali avvenuti all’interno dello stesso triangolo e in più hanno visitato la Scuola Waldorf vicino Basilea (il Goetheanum), al crocevia con i confini di Francia e Germania.
A me sembra che solo così risistemato il resoconto acquisti un senso compiuto.
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Interno del Goetheanum |
Ma l'interessante sarebbe soprattutto, dal mio punto di vista, scoprire se e quanta parte della visione steineriana delle Madri sia poi effettivamente confluita nei film della trilogia argentiana. Al momento opportuno farò un tentativo di rispondere a questa domanda, mentre adesso voglio soltanto sottolineare qualcosa che quasi certamente vi sarà già saltato all’occhio: che tutta questa storia si svolge fin dall’inizio, intenzionalmente o no, all’insegna del tre: Tre Madri, un triangolo magico, una scuola steineriana situata all'incrocio di tre stati. E altri numeri tre, e altri triangoli, sono in arrivo. E' tempo infatti di tornare sulla sponda del Mar Rosso, vale a dire al Tramonto degli oracoli di Plutarco, e riprendere il discorso interrotto un paio di post addietro.
Riassumendo quanto detto prima, il Tramonto degli oracoliè un dialogo plutarcheo ambientato a Delfi, sede del famoso oracolo, e vi figurano sei dialoganti attivi: Lampria, Ammonio, Cleombroto, Demetrio, Eracleone e Filippo. Quest'ultimo ha da poco terminato di esporre l'episodio della Morte di Pan, destinato a una grande fortuna postuma, e Cleombroto, in una specie di gara a chi suscita più meraviglia, espone a sua volta l'insegnamento che ha ricevuto dal Maestro del Mar Rosso. La prima parte di questo insegnamento si collega al tema centrale del dialogo, vale a dire il rapporto tra l'oracolo e i demoni, e la tralasceremo. La seconda parte, che è quella che interessa qui, sposta invece a lungo (Capitoli 22-37) l'attenzione dei dialoganti sulla questione, assai dibattuta nel pensiero greco, della unicità, pluralità o infinità di numero del mondo o dei mondi.
Ecco il racconto di Cleombroto:
[Il Maestro del Mar Rosso] diceva dunque che i mondi non sono né infiniti né uno solo né cinque [in riferimento alle teorie platoniche, N.d.R.], bensì centottantatré e coordinati secondo una figura triangolare, ciascun lato della quale contiene sessanta mondi; dei tre mondi che restano, ognuno è sistemato a un angolo. I mondi adiacenti si toccano gli uni gli altri, senza scossa, facendo le loro evoluzioni come in una danza. La superficie interiore del triangolo è come il "comune focolare dell'universo" e si chiama "la pianura della verità". In essa, le ragioni e le forme e i modelli delle cose, che entrarono o entreranno nel divenire, giacciono immobili, cinti dall'eternità, donde il tempo, come una corrente, fluisce sui mondi.
[...]
Tali furono - concluse Cleombroto - le cose favolose che udii dal candido barbaro. Egli avvolgeva nel mito i suoi concetti, in modo spontaneo, come in un'iniziazione misterica, senza dare né dimostrazione né prova delle sue parole.
Plutarco rende l'entusiasmo di Cleombroto palpabile fin nella pagina scritta, riuscendo così a dare un particolare risalto, per contrasto, al successivo ironico commento di Lampria, che prende il via dalla citazione di un verso di Omero:
Certo, la sa lunga, non è affatto un ingenuo, ignaro di dottrine e di teorie d'ogni sorta; anzi, è molto esperto in lettere e non è affatto barbaro ma greco, di stirpe, ripieno del più diffuso spirito ellenico. Egli si smaschera attraverso il suo numero dei mondi, che non è dottrina egizia o indiana, ma dei Dori di Sicilia, e precisamente di un imerese chiamato Petrone.
Io, veramente, non ho letto il trattatello di costui, direttamente, e non so neppure se sia conservato; però Ippys di Reggio, di cui fa menzione Fania di Ereso, attesta che tale opinione con il congiunto computo, vale a dire che esistano centottantatré mondi in contatto tra loro per un elemento, è proprio dovuta a Petrone; che cosa, poi, significhi l'espressione "esser in contatto per un elemento", egli né spiega con chiarezza, né aggiunge qualche altra plausibile prova.
Tratterebbesi dunque, tirando le somme, di dottrina pitagorica. Ma cosa c'entra tutto questo con la questione delle Madri? vi starete chiedendo. Ebbene, è proprio questa parte del Tramonto degli oracoli, secondo Karl Julius Schröer, ad avere ispirato principalmente Goethe nella creazione del suo mito delle Madri. E Rudolf Steiner farà propria questa convinzione del suo vecchio insegnante dell'università. In un modo però, come vedremo, davvero molto originale.
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Dal film Suspiria, 1977 |
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Le citazioni plutarchee sono tratte da: Plutarco, Iside e Osiride e Dialoghi delfici. Bompiani 2002. A cura di Vincenzo Cilento.
L'immagine in alto sotto il titolo è: Arthur Rackam, The Witches' Sabbath (1924)
L'immagine in alto sotto il titolo è: Arthur Rackam, The Witches' Sabbath (1924)