La prima parte del meme Very Pop Blog, con i due primi Macroargomenti (Musica e Comics) si trova a questo link. E' il turno, in questo post, del terzo Macroargomento.
3. Libri
Questo terzo, importante Macroargomento ha preso nel mio caso, in fase di stesura del post, una piega inattesa e ha finito, oltre che per occupare l'intero post, anche per trasformarsi in una sorta di inno a un unico libro, l'opera letteraria che più di tutti ha illuminato i miei anni '90 (ma la sua luce, come mostrerò, ha continuato a riverberare, e continua a riverberare ancora oggi). Il libro in questione è quel capolavoro assoluto, di inusitata bellezza & complessità, intitolato Mason & Dixon, scritto dall'americano Thomas Pynchon. Ed ecco che a questo punto qualcuno potrebbe obiettare: Che diamine c'entra con il Pop l'autore forse meno per le masse in assoluto tra i contemporanei, la Nemesi dei lettori intellettualmente pigri (cioè la stragrande maggioranza dei lettori di narrativa)? Rispondo che c'entra, o comunque che ce lo faccio entrare, perché anche solo a elencare, stile voci del dizionario, tutte le citazioni Pop presenti nei romanzi di Pynchon - musicali, fumettistiche, cinematografiche, ecc. - si riempirebbe un grosso libro. E credo che questo lo dimostrerà bene anche il seguito del post. Chiarito ciò, do inizio alla mia personale esplorazione (purtroppo limitata per motivi di spazio) di quello che è figura senza ombra di dubbio tra i cinque più bei romanzi che ho letto nella mia vita.
Quando Mason & Dixon vide finalmente la pubblicazione, nel 1997, erano trascorsi ormai sette anni dall'uscita del precedente romanzo di Thomas Pynchon, Vineland; non la più lunga delle attese tra un libro e l'altro dello scrittore, ma pur sempre sette anni durante i quali erano circolate, come al solito, varie voci. Tra di esse, quelle a proposito di due possibili, giganteschi progetti in lavorazione: un romanzo che omaggiava il cinema horror giapponese o un romanzo storico. Alla sua uscita Mason & Dixon, romanzo storico di 773 pagine ma disseminato di fantasmi e altre creature fantastiche, le confermò a suo modo (leggi: nel modo Pynchoniano) entrambe.
Nel frattempo, in quello stesso 1997, il settore riviste di certe librerie aveva cominciato a ospitare nei suoi scaffali una nuova rivista mensile, Americana, ambiziosa ma destinata a breve vita, appena una dozzina di numeri, a causa della malattia e della morte del suo direttore e principale animatore: il giornalista di RepubblicaRomano Giachetti. Circostanza che devo dire, questa della chiusura della testata, non mi turbò minimamente, al di là del dramma umano di Giachetti, visto che condividevo poco e nulla del suo approccio agli argomenti, viziato secondo me da un intellettualismo fine a se stesso e quindi mortifero. Lo feci del resto presente allo stesso giornalista un anno circa prima della sua morte a Firenze (cosa di cui poi mi sono pentito).
Ma oltre che a esser durata pochi numeri, Americana ha anche tutta l'aria di aver lasciato poche tracce del suo passaggio: digitando su Google il nome della rivista, accompagnato dal nome della casa editrice Editalia, non ho trovato elencato null'altro che un annuncio di vendita del primo numero su e-bay. Forse la sorte più adatta, in definitiva, a una rivista che inclinava tutta dalla parte del Senex a discapito del Puer, fortemente conservatrice al di là dell'ideologia progressista che professava in superficie e avversa all'avvento delle nuove tecnologie al punto da evocare, neanche troppo tra le righe, un ritorno alla penna d'oca nell'attività scrittoria.
E tuttavia, pur trovandola più ricca di difetti che di pregi, acquistai e lessi diligentemente tutti e dodici i numeri, uno dei quali - quello di cui ho scansionato la copertina inserita qui a lato - conservo a tutt'oggi. Il motivo? E' il numero che mi ha fatto scoprire Thomas Pynchon, grazie a una recensione del romanzo Mason & Dixon, appena uscito in America, a firma dello stesso Giachetti.
Imparai così che anche Pynchon, come già Jerome David Salinger prima di lui, aveva scelto di vivere appartato dal mondo - niente fotografie, niente interviste, niente tracce della sua vita personale -; anche se poi alla fine avevano scoperto che viveva a Manhattan con moglie e un figlio e che non si divideva affatto, come si era sempre favoleggiato, tra California e Messico (a causa forse di qualcuno che aveva insinuato che lui e Carlos Castaneda fossero la stessa persona?). Una ossessione per la privacy che lo portò anche, tra le altre cose, a diventare un personaggio de I Simpson - personaggio che lo scrittore accettò in ogni caso di interpretare nel cartone animato, prestandogli la sua vera voce. Ne I Simpson, all'esatto contrario che nella realtà, la residenza di Pynchon è resa ben visibile da un cartellone tutto illuminato che invita anche a farvi ingresso, sebbene poi lui si mostri comunque con il volto coperto da un sacchetto di carta con disegnato sopra un punto di domanda.
Ma la vera, principale differenza con Salinger è un'altra: che Pynchon non ha mai smesso di imbastire e pubblicare, negli anni e nei decenni, montagne su montagne di pagine di romanzo.
Tornando ora a me e alla mia esperienza personale, devo dire che i due nomi Mason e Dixon, non si ricollegavano a nulla che avessi letto o sentito. Cosa fu allora a convincermi, di quel che lessi nella recensione su Americana, che proprio quello era il libro di cui ero alla ricerca in quel momento? Molte cose, ma vediamo prima di tutto chi sono Mason e Dixon e cosa hanno fatto - cioè, detto in altri termini, vediamo quale pretesto ha utilizzato Thomas Pynchon per dar sfogo alla sua incontenibile esuberanza letteraria. Cito direttamente il sunto che ha dato della loro vicenda storica Romano Giachetti:
Mason & Dixon prende spunto dall'esperienza reale di due inglesi, Charles Mason (1728-86) e Jeremiah Dixon (1733-79), il primo un astronomo di scarso valore e il secondo un agronomo-geometra, che la Royal Astronomical Society invitò nel 1760 a Sumatra per osservare il transito di Venere. Non avendo mai raggiunto Sumatra, ma essendosi fermati più del necessario al capo di Buona Speranza, i due funzionari furono richiamati a Londra, dove nel 1763 decisero di spedirli in America, a risolvere una vecchia disputa territoriale tra William Penn e Lord Baltimore, ovvero a stabilire il confine inappellabile che avrebbe separato la Pennsylvania dal Maryland.
I due surveyors fecero del loro meglio, incontrando non poche difficoltà. Aggrappati, diciamo così, al parallelo (tutt'oggi storico) 39°43'17,6'' N, percorsero pazientemente 244 miglia di territorio semiselvaggio, piantando ogni 5 miglia un colonnino sparti-proprietà con su disegnate da una parte un "P", dall'altra una "M". Non ce la fecero a contrassegnare le ultime 36 miglia perché glielo impedirono alcune tribù di indiani inferociti, ma nel 1767 tornarono a Philadelphia con il grosso del lavoro fatto. con la modica spesa di 75 mila dollari (non troppo modica, in verità, per i tempi) la corona britannica aveva risolto un'annosa questione. Nel 1768 Mason e Dixon tornarono a Londra e l'anno dopo il confine del loro tracciato fu ratificato. Mason continuò a lavorare per la Royal Society; di Dixon si persero le tracce.
Nessuno, meno di tutti Mason e Dixon, avrebbe supposto allora che il loro lavoro sarebbe passato alla storia come la Linea Mason-Dixon, cioè la separazione tra Nord e Sud degli Stati Uniti e confine strategico di straordinaria importanza durante la guerra civile del secolo dopo. Ancora oggi, oltrepassare la Linea Mason-Dixon significa entrare nel Sud o nel Nord.
Pynchon si è impossessato di questi pochi fatti e ne ha fatto un romanzo-ciclone.
Romanzo-ciclone, giustamente, perché il lettore si ritrova al centro di un vortice narrativo da capogiro, che può dargli la sensazione di essere privato di qualsiasi punto di appiglio. Sempre Giachetti tenta inoltre, nello stesso articolo, un elenco (di necessità molto parziale) di ciò che è compreso nelle 773 pagine del romanzo, con questo risultato:
In Mason & Dixon ci sono ottentotti, presbiteriani, calvinisti olandesi, gesuiti, indiani Mohawk e fantasmi; ci sono Benjamin Franklin che corre dietro alle donne, George e Martha Washington che cantano un duetto, il dottor Samuel Johnson e naturalmente il suo futuro biografo, James Boswell; c'è un cane che parla e un formaggio che pesa quattro tonnellate (si chiama "The Octuple Gloucester"); c'è una sospetta abbondanza di cornamuse, caffeina, grasso di pecora, tabacco, sale, spezie; ci sono anguille elettriche, anatre meccaniche, vermi giganteschi, una spia vichinga, un predicatore cinese, uno chef francese; ci sono cose come il Vettore del Desiderio, il menzionato Transito di Venere, la Purezza di Azimuth, i Regni della Velocità e della Milza, un Mondo Invisibile, un Girone della Dannazione; ci sono gnomi, folletti, pergamene, libri in codice; c'è una Terra Concava (così nel testo) dove i soffitti sono laghi, un luogo che si trova dentro a quella che noi crediamo sia la Terra; ci sono meditazioni telluriche trasmesse dal Popolo dei Piccoli mediante compassi magnetici, gente che agisce in una dimensione fatta di Terribili Luci e di Totale Oscurità (dove non si capisce come faccia il povero Jeremiah Dixon a resistere); ci sono tutte queste creature malformate, asimmetriche, plurievanescenti a intermittenze, che però sono terrorizzate da Mason e Dixon ("Appena avranno scoperto e misurato tutto e conosceranno la misura e la forma e il peso della Terra, tutto svanirà. Dovremo trovare un altro spazio")...
Una lista approssimata per difetto, dicevo, a cui si potrebbero aggiungere molte altre voci. Cito qui, come esempio, l'astrologia, profusa da Pynchon a piene mani nel libro, e la spassosa entrata in scena di Popeye/Braccio di Ferro, che Mason e Dixon incontrano in una taverna dove è in corso una discussione su un Golem in circolazione in quei paraggi:
"Di sicuro quel Golem... lo dovete pigliare quando è addormentato", dichiara un Taglialegna basso, rosso di pelo e abbigliato di cervo, che tiene un boccale in una mano e un fucile della Contea di Lancaster nell'altra.
"Naturalmente", aggiunge un fiorente fucinatore che occupa tutto un lato d'una Tavola, "potrebbe non capitare per anni." Ridacchia, e i Boccali sbattono sulle Scansie.
"Sì... alcuni di noi non lo hanno mai veduto, soltanto udito i passi nelle notti illuni, o la voce, che dall'alto parla le sole parole che conosce: 'Heyeh asher Heyes'"... a ripeter le quali, in Toni sordi, benché minacciosi, gli altri ora si uniscono.
"Significa: 'Io son colui che sono'" traduce premurosamente un Indiv. dall'aspetto globalmente nautico, con enormi Avambracci, e un occhio sempre socchiuso pel Fumo della Pipa.
E' solo un esempio tra i tanti possibili del grande umorismo che caratterizza molta parte della scrittura di Pynchon. Il gioco è naturalmente ben comprensibile, almeno per chi frequenta o ha frequentato le storie del celebre personaggio creato da Elzie Crisler Segar e sa del suo tipico "I yam what I yam".
L'elenco di voci di Mason & Dixon più completo a disposizione è in ogni caso quello presentato, dalla A alla Z, sul Thomas Pynchon Wiki.
Thomas Pynchon affida il suo resoconto delle gesta di Mason e Dixon alla voce del reverendo Wicks Cherrycoke, che incontrò i due scienziati al Capo di Buona Speranza, divenne loro amico e fu testimone di molte loro imprese, e in questo modo gli fornisce anche una cornice ulteriore: la casa di Filadelfia dove il reverendo intrattiene un pubblico di parenti e amici nei giorni del Natale 1786, "mentre la neve ammanta tutta Filadelfia da fiume a fiume". La parte più giovane, e più vivace del suo pubblico, è quella rappresentata dai gemelli Pitt e Plinio, dalla loro sorella Tenebrae, e dal cugino Ethelmer.
Tenebrae in particolare non è una new entry in questo blog, ma l'ho già citata almeno in un paio di occasioni, tra cui il post con l'elenco dei miei personaggi letterari preferiti. Grazie soprattutto alla maestria di Pynchon, che con poche, magistrali pennellate distribuite qua e là nell'opera riesce a fare di una figura di contorno un personaggio a tutto tondo: un insieme inestricabile di innocenza puritana e fascino da dark lady di cui fa soprattutto le spese il cugino Ethelmer. Ecco un piccolo esempio, con il cugino seduto al clavicembalo, tratto da pag. 262 (256 nell'ed. italiana):
Tenebrae ha inventato e perfezionato un modo di rotear gli occhi, a tutti impercettibile salvo che al suo bersaglio, di cui si mormora che l'effetto sia dirompente. La reazione di Ethelmer non è facile a cogliersi, salvo che ammicca lesto e per un attimo dimentica l'ubicazione del Do Centrale.
Letta la recensione su Americana, non esitai ad acquistare il libro, naturalmente in inglese, visto che l'edizione italiana sarebbe arrivata solo due anni dopo, nel 1999. Ma approfittai poi subito della traduzione stessa, come di un'occasione per leggere il libro una seconda volta.
Mi manca adesso solo da aggiungere, prima di dar termine a questo lungo (ma largamente incompleto) excursus sul romanzo di Pynchon, un ultimo dettaglio, che è poi un'altra voce in elenco, un nome credo noto a chiunque abbia seguito con sufficiente assiduità il mio blog. Un nome che basterebbe da solo a dare la piena misura di quanto questa lettura sia stata per me influente: Shaula.
La nozione dell'esistenza della stella Shaula, una delle due che formano l'aculeo della costellazione dello Scorpione (l'altra è la meno luminosa Lesath), era in realtà entrata a far parte del mio bagaglio di conoscenze già molti anni prima, grazie al libro più famoso dello psicologo di scuola junghiana Luigi Aurigemma, Il segno zodiacale dello Scorpione nelle tradizioni occidentali. Da allora è poi riemersa in più occasioni, una delle quali fu appunto la lettura di Mason & Dixon. A pagina 71 del libro (62 nell'edizione italiana), quando i due scienziati si trovano al Capo di Buona Speranza per studiare il Transito di Venere, compare infatti questa frase:
Fino a Giugno, gran parte delle loro osservazioni riguarderà le Lune di Giove che giocano a Mamma anitra e Anatroccoli, e Stelle fisse come Regolo e Procione, oltre alla Stella zenitale del Capo, Shaula, l’Aculeo nella Coda dello Scorpione…
Frase che sul momento andò solo a sommarsi al resto delle mie cognizioni sulla stella, ma che si sarebbe poi rivelata determinante per chiudere il cerchio apertosi con la lettura del libro di Aurigemma. Grazie infatti al suo ricordo, nei giorni di poco precedenti il Natale del 2010, molte cose che prima percepivo solo oscuramente acquistavano un senso compiuto e mi permettevano di acquisire quei dettagli che ancora mi mancavano per poter dare inizio all'effettiva stesura della mia Trilogia di Shaula. Vi rimando, per saperne qualcosina di più, ai miei post con l'anteprima della Trilogia, in particolare il secondo e il terzo.
Ma avrete a questo punto anche capito che il mio contributo a Very Pop Blog non si esaurisce qui, come avevo invece preventivato in origine. Mi mancano infatti ancora da affrontare alcuni Macroargomenti, tra cui quello per me essenziale del Cinema. Non mi resta quindi che invitarvi qui per la terza parte, oltre che ringraziare di nuovo l'ispiratore del meme, Miki Moz, per avermi permesso di parlare un po' più a fondo di un romanzo, Mason & Dixon, e di uno scrittore, Thomas Pynchon, che avevo finora solo poco più che citati, sebbene a più riprese, nel mio blog.
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Le citazioni di Romano Giachetti sono tratte dall'articolo Da mille fonti diverse, pubblicato sul numero 7/8, Anno I, di Americana del luglio/agosto 1997; ed. Editalia.
Gli estratti da Mason & Dixon sono tratti da: Thomas Pynchon, Mason & Dixon. Rizzoli, 1999. Traduzione di Massimo Bocchiola.
Gli estratti da Mason & Dixon sono tratti da: Thomas Pynchon, Mason & Dixon. Rizzoli, 1999. Traduzione di Massimo Bocchiola.