Parte II - Capitolo 2 /5
L’articolo terminava con la promessa della pubblicazione, nel numero della settimana successiva, di un’intervista al ricercatore. Luisa dubitava che ne sarebbe entrata prima o poi in possesso, ma visto come stavano andando le cose, non si poteva mai dire. Bambini verdi, ripeté dentro di sé. E all’improvviso quelle due parole smisero di avere il suono della sua voce, o anche quella della sua inquilina Alessandra, per acquistarne uno maschile. Ma certo! Come poteva essersene dimenticata? Nelle letture che le faceva suo padre, dopo la storia della Sirena, o corno da nebbia, veniva sempre quella dei bambini verdi. Il che la inquietava non poco, perché la confermava nei suoi peggiori sospetti. Inoltre, sommando due più due, era evidente che suo padre doveva avere qualcosa a che fare anche con il giornale che lei aveva sotto gli occhi in quel momento. Si guardò intorno nervosa e si chiese se tra tutta quella gente che indossava maschere di carnevale (non ricordava di averne mai viste tante in una volta sola a Firenze e le sembrava quasi di essere a Venezia, anche se davanti ai suoi occhi - tra spettri e vampiri, streghe e angeli della morte - sembravaaverla vinta piuttosto una predilezione halloweenianaper il macabro) non vi fosse per caso mescolato suo padre, magari in compagnia della misteriosa Pohjola. Non poté tuttavia indugiare a lungo su quel fastidioso pensiero, perché uno dei camerieri del locale le si avvicinò per comunicarle che l’auto che stava aspettando era arrivata.
«Auto? Io non sto aspettando nessuna auto» replicò Luisa scossa. O la polizia era stata abbastanza abile da rintracciarla in poco poco tempo, si disse, oppure era davvero arrivato il suo turno. Ma dei poliziotti non avrebbero certo avuto bisogno di intermediari: sarebbero entrati nel locale e le avrebbero chiesto di seguirli. Doveva quindi trattarsi di loro, di quelli che avevano fatto sparire Giulia e Fabrizio, e forse anche suo padre e Eva Luna.
«Auto? Io non sto aspettando nessuna auto» replicò Luisa scossa. O la polizia era stata abbastanza abile da rintracciarla in poco poco tempo, si disse, oppure era davvero arrivato il suo turno. Ma dei poliziotti non avrebbero certo avuto bisogno di intermediari: sarebbero entrati nel locale e le avrebbero chiesto di seguirli. Doveva quindi trattarsi di loro, di quelli che avevano fatto sparire Giulia e Fabrizio, e forse anche suo padre e Eva Luna.
«Che macchina è?» chiese ancora Luisa che cercava inutilmente di allungare lo sguardo al di là della folla di gente verso la vetrina.
«Uno di quel macchinoni neri e lunghi come un treno che a volte si vedono davanti alberghi di lusso. Sa, di quelli con le tendine ai vetri» le rispose il cameriere.
Luisa annuì. «Lo immaginavo».
«Se non fosse carnevale penserai che qualche sceicco arabo sia intenzionato a rapirla per aggiungerla al suo harem» continuò scherzando il cameriere, «ma immagino che in questo caso qualche suo amico buontempone sia in vena di scherzi».
«Temo di non avere amici disposti a spendere un capitale per noleggiare una macchina come quella per uno stupido scherzo di carnevale» commentò lei. «C’è qui dentro un posto dove posso nascondermi per alcune ore?».
Il cameriere la guardò perplesso. «Adesso è lei che mi sta facendo uno scherzo di carnevale, vero?».
«Le sembra che stia scherzando?».
L'altro la scrutò pensieroso per un breve momento poi prese un menu del tavolo e glielo porse. «No, mi sembra di no. Ma neanche io ho voglia di scherzare. Non cosa cosa lei abbia fatto, ma sicuramente l’ha combinata grossa e non voglio andarci di mezzo. Intanto, mentre mi spiega, faccia finta di consultare il menu».
«Se le dicessi che non ho fatto assolutamente nulla e che non ho nessuna idea del perché quelli là fuori ce l’abbiano con me, mi crederebbe?» continuò Luisa, mentre ubbidiva alla richiesta del cameriere.
Il cameriere scosse la testa. «Sinceramente no. Inoltre quelli là fuori devono conoscerla molto bene, visto che mi è stata descritta da loro in ogni dettaglio. Forse, a questo punto, avrebbe fatto bene a mettersi in maschera anche lei, come tutti. Insomma, in conclusione, cosa gli dico?».
«Che se mi vogliono devono venirmi a prendere. Ma prima mi dica dove posso nascondermi».
L'altro esalò allora un lungo sospiro di resa. «E va bene. Sa dov’è il bagno?».
«Sì».
«Bene, sopra l’armadietto a destra dell’ingresso del bagno, troverà una chiave che porta alle cantine. È il posto più sicuro che abbiamo da offrirle».
«Grazie. Ah, posso farle un'ultima domanda per favore?».
«Prego. Chieda pure».
«Le sembra normale che ci siano così tante persone in maschera quest'anno?».
Il cameriere dette un'alzata di spalle. «Che io ricordi è sempre stato così».