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Trilogia delle Madri /7 - Le origini: Steiner, Goethe, Plutarco

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All'interno dell’opera complessiva di Rudolf Steiner– composta di circa quattrocento volumi, tra libri scritti direttamente dall'autore e raccolte di suoi articoli o conferenze - la figura di Goethe occupa un posto di grande rilievo. È quindi lecito aspettarsi una certa attenzione anche nei confronti del Faust, e soprattutto della sua seconda parte (detta anche Faust II, di ben altro spessore rispetto alla prima o Faust I), che è poi la parte che comprende l'episodio della discesa di Faust alle Madri. Più in particolare, dei due cicli integrali di conferenze dedicati da Steiner al capolavoro di Goethe, e raccolti in seguito ne La scienza dello spirito e il Faust di Goethe vol. 1 e 2 (Opera Omnia n. 272 e n. 273), la quarta conferenza del secondo ciclo, tenuta da Steiner a Dornach il 2 novembre 1917, porta proprio il titolo di Faust e le Madri. Era un tema già più volte affrontato in precedenza dall’esoterista austriaco, che lo considerava uno dei punti cardine del Faust, ma questa è la prima e unica occasione in cui gli dedica un'intera conferenza. E va con ogni probabilità attribuito alla maggiore durata della trattazione anche il diverso approccio, in gran parte inedito, con cui Steiner affronta stavolta l'argomento.
Per esempio, dopo un breve preambolo di carattere generale, Steiner annota come
trattando dei misteri, i poeti greci accennino al fatto che chi vi veniva iniziato imparava a conoscere le Tre Madri universali: Rhea, Demetra e Proserpina [Persefone]. In Grecia, chi era iniziato ai misteri doveva conoscere per visione diretta le tre Madri, la loro essenza, quello che esse propriamente sono.

Sempre parsimonioso nel citare le fonti, Steiner non scende purtroppo in maggiori dettagli. Certo è che il brano si presta a una serie di obiezioni, che ci porterebbero però troppo lontano. Basti qui ripetere quello a cui avevo già accennato in un post precedente: che l'identificazione delle Madri di Plutarco con una qualsivoglia triade femminile nota del mito classico non poggia su fondamenta solide.



Procedendo poi nello stesso solco dell’analogia tra la discesa alle Madri e l’iniziazione ai misteri di Eleusi, Steiner aggiunge che le regioni in cui deve penetrare Faust sono uguali a quelle in cui veniva guidato l’iniziato dei misteri greci. E specifica che si tratta della “regione spirituale che confina direttamente col nostro mondo fisico”. Quello che Goethe fa invece dire a Mefistofele è che il viaggio di Faust porta “al fondo dell’abisso più profondo”.
C'è forse chi direbbe che l'una affermazione vale l'altra, che sono due modi diversi di dire la stessa cosa, ma io a questo punto voglio sbilanciarmi e dico che per me il problema che viene qui alla luce, sebbene ancora in tono minore, è in realtà quello fondamentale: il problema di due linguaggi (e relativi modi di procedere o metodi) che si sovrappongono senza però coincidere. La lingua del Faust IIè sì senza dubbio (per stessa dichiarazione di Goethe, nei suoi colloqui con Eckermann) esoterica, ma di tipo mitopoietico, a differenza di quella di Steiner, che adatta invece il discorso mitologico a una più generica visione spiritualista e teosofica. E questa persistente divaricazione del linguaggio, che in varie occasioni si spinge fino alla parafrasi vera e propria, accompagna un po’ tutta la pur notevole interpretazione steineriana del Faust.

Ma questo è solo l'inizio, e credo che quello che sta per arrivare evidenzierà ancor meglio il senso di quel che intendo dire. Teniamo premuto per alcuni istanti il pulsante forward e portiamoci adesso al punto della conferenza in cui entra in scena Plutarco.
Ci è ormai noto, dal post in cui ho riportato il brano per intero, che Goethe trasse l’idea delle Madri da una passo di Vita di Marcello di Plutarco. Vi si racconta di un tale Nicia, che per sfuggire ai cartaginesi corse per le strade di Engyon fingendosi perseguitato o posseduto dalle Madri. In questo modo si fece, a quanto pare, largo intorno e riuscì a uscire dalla città.
Anche in questo caso Steiner sceglie di separarsi dalla lettera del brano di Plutarco in favore di una lettura più astratta. Ecco cosa ne dice:
Vedete da questo episodio che al tempo di cui parla Plutarco, l'affinità con le Madri non veniva messa in relazione con l'intelletto dei sensi abituale, ma con una condizione umana in cui tale intelletto sensibile non è presente.

Ma ancor più esplicito in tal senso era stato otto anni prima, nella conferenza di Berlino del 29 aprile 1909 intitolata L'Iside egizia e la Madonna cristiana. In quell'occasione aveva detto:
[Goethe] capì ciò che leggeva in Plutarco e comprese che colui che grida «le Madri, le Madri!» non è un pazzo che non sa quel che dice, ma è un essere umano divenuto veggente in un regno di realtà spirituali. Leggendo Plutarco si presentò a Goethe il grande enigma della Madre, e questo mistero della Madre, insieme a tanti altri, volle inserire nella seconda parte del Faust.

Goethe stesso avrebbe quindi interpretato, secondo Steiner, lo stratagemma di Nicia in senso squisitamente simbolico, come un’esposizione mascherata di una realtà spirituale.



Ma la distanza tra i passi di Plutarco e la loro lettura steineriana è destinata ad accentuarsi ancora di più nel momento successivo della conferenza, quando Steiner, sulla scia di Karl Julius Schröer, affronta il Tramonto degli oracoli e in particolare il passo sulla pluralità dei mondi che ho riportato alla fine del post precedente. Inizia in questo caso con un utile riassunto di quel che aveva scritto Plutarco:
Secondo Plutarco, il mondo è dunque triangolare (Steiner abbozza qui un disegno). Questo è il mondo intero: al centro di questo mondo a forma di triangolo, pensa Plutarco, si trova il campo della Verità. Ora, di fronte a questo mondo completo, egli distingue centoottantatre mondi. Questi, egli dice, stanno nella zona circostante, si muovono tutt’intorno; al centro si trova il tranquillo campo della Verità. Il tempo, così egli prosegue, separa questo quieto campo della Verità dai centoottantatre mondi che gli ruotano intorno: su ogni lato del triangolo vi sono sessanta mondi, in ogni angolo ve n’è uno, insieme fanno centoottantatre. Se accettiamo dunque questa immaginazione di Plutarco, allora abbiamo pensato in modo triarticolato il mondo; e tutt’intorno come in una formazione di nubi, i centoottantatre mondi ondeggianti e fluttuanti. Questa è allo stesso tempo l’immaginazione per le “Madri”. Il numero centoottantatre è dato da Plutarco. Quindi Plutarco, che in certo senso era in possesso della sapienza dei misteri, indica lo strano numero di centoottantatre mondi.

Ma come si arriva a questo totale di centottantatré mondi? Secondo Rudolf Steiner così:
Facciamo un po’ il calcolo di quanti mondi risultino, contando giustamente fino a quello di Plutarco. Dobbiamo fare i conti come segue:

Dapprima, tutto il divenire universale come un mondo. (1)

Questo divenire universale si articola per noi così che abbiamo delle formazioni compiute di mondi: Saturno, Sole, Luna. Voi sapete che sono tre. (3)

Ma ognuno di questi mondi, Saturno, Sole e Luna, viene ancora ulteriormente suddiviso, analogamente a come suddividiamo anche il mondo terrestre. Suddividiamo l’evoluzione terrestre in epoche: polare, iperborea, lemurica, atlantica, post-atlantica e così via. Abbiamo sette di queste epoche, e in ognuna poi sette periodi come anche nella nostra epoca distinguiamo il periodo indiano, l’antico-persiano, il caldaico-egizio, il greco-latino, il periodo attuale e due altri che ancora seguiranno. Se trasportiamo questi calcoli su Saturno, Sole e Luna, abbiamo ogni volta quarantanove mondi consecutivi che si perfezionano. (49 x 3 = 147)

Se a questi tre mondi aggiungiamo ancora la Terra, che non è una formazione compiuta, e in questa formazione: l’epoca polare, che consta di sette periodi; l’epoca iperborea di sette, e la lemurica di sette avremo ventuno periodi. Dobbiamo a questi aggiungere i sette periodi dell’epoca atlantica e avremo ventotto. (28)

Addizioniamo ora tutti questi numeri insieme [1+3+147+28] e avremo centosettantanove.

L’epoca atlantica è finita. Plutarco viveva nel quarto periodo dell’epoca post-atlantica; dobbiamo quindi ancora aggiungere il numero quattro.

Vedete, se applichiamo il nostro modo di contare e facciamo un calcolo giusto dei singoli periodi e dei mondi interi quali si sono srotolati fino al quarto periodo post-atlantico in cui visse Plutarco, si può veramente dire che dal calcolo risultano centoottantatre mondi.

Inoltre, se prendiamo la nostra Terra su cui stiamo ancora evolvendoci e davanti alla quale non possiamo quindi parlare di una conclusione, e da questa solleviamo lo sguardo verso Saturno, Sole, Luna, vi troviamo le Madri che i misteri greci hanno espresso solo in una forma diversa: Proserpina, Demetra, Rhea.

Da quanto si è appena letto, Steiner ha l'aria di attribuire direttamente a Plutarco l'ipotesi dei centottantatré mondi. Leggendo però con attenzione la corrispondente parte di dialogo, risulta evidente che la sua origine va fatta risalire (come mostrato nel post precedente) a un pitagorico di prima generazione conosciuto come Petrone Imerese. E' probabile che si tratti, da parte di Steiner, di una naturale semplificazione ai fini della fluidità del discorso, ma le sue conseguenze possono apparire trascurabili solo a un'occhiata superficiale.
E' vero che la scelta di far apparire la teoria come pitagorica potrebbe essere un artificio di Plutarco, come è vero che il calcolo di Steiner non ne risente, poiché la quarta generazione post-atlantidea comincia nell'anno della fondazione di Roma e sommandovi i 2160 anni di durata di un'era astrologica arriva al 1413 e.v., comprendendo così al suo interno entrambi i filosofi, Pitagora e Plutarco. Ma quello che accade in realtà, e che Steiner non dà segno di vedere, è che il suo calcolo spazza via tutto ciò che è implicito nella teoria che sta alla base della costruzione del triangolo. Anche ammettendo che Saturno, Sole e Luna (corrispondenti alle "Tre Madri" Persefone, Demetra e Rhea) vadano a posizionarsi ai tre vertici, resta infatti da capire in che modo debbano disporsi i rimanenti centottanta mondi steineriani lungo i lati della figura. Passi per i 147 mondi della fase tre del calcolo, che si ripartiscono senza problemi in 49 per lato, ma il numero 1 e il numero 28 dove vanno a inserirsi? E in base a quale logica?
Il seguito dell'indagine, che mi auguro non vi stia troppo annoiando, nel prossimo post.


* * *


Tutte le citazioni sono da: La scienza dello spirito e il Faust di Goethe vol. II. Traduzione di Ida Levi Bachi. Testo riveduto e integrato da Felice Motta sulla quarta edizione tedesca del 1981. http://www.liberaconoscenza.it
Eccetto la citazione de: L'Iside egizia e la Madonna cristiana. Da: Rudolf Steiner, L'eterno femminile. Archiati Verlag Edizioni. Traduzione e cura di Pietro Archiati. www.archiati.com

Le immagini che accompagnano il post sono (dall'alto in basso):
  • Eduardo Chicharro Aguera, Perséfone (1873).
  • Particolare di un affresco della Villa di Publio Fannio Sinistore (Boscoreale, Italia).
  • Betty Shelton, Oracle in Delphi. http://betty-shelton.com


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