Quantcast
Channel: Ivano Landi
Viewing all articles
Browse latest Browse all 597

Solve et Coagula - pagina 153

$
0
0




Parte II - Capitolo 2/9


Quando arrivò alla fine delle scale Luisa cercò di orizzontarsi. Alla sua destra, dove avrebbe dovuto trovarsi il banco della custode del bagno, c’era invece un armadietto che doveva essere quello che gli aveva indicato il cameriere del bar. Solo che quando vi frugò sopra non trovò nessuna traccia della chiave con cui avrebbe dovuto aprire l’ingresso delle cantina, ma solo uno spesso strato di polvere. Non poteva proprio fidarsi di nessuno, concluse. Pensò che sarebbe stata quindi costretta a tornare di nuovo di sopra, al piano terra, ma qualcosa le suggeriva che non sarebbe mai successo senza che la luce si spegnesse di nuovo. E non era detto che anche stavolta sarebbe stato senza conseguenze. Se prima, per esempio, non si fosse fatta distrarre dal ricordo lontano della sua visita al luna park e avesse subito acconsentito alla svolta comparsa dal nulla nel mezzo della sua discesa, chissà in quel momento dove starebbe vagando sottoterra. Forse le conveniva invece aspettare che qualcuno dopo di lei scendesse per usare la toelette o per accedere alle cantine. Ma proprio questo pensiero la fece riflettere su un’altra stranezza. Si era all’improvviso ricordata di quante volte in passato le fosse capitato di fare la fila ai piedi di quelle scale, in attesa che si liberasse il bagno. E in quella sera di martedì grasso che il locale era strapieno di clienti e lei era scesa forse già da dieci minuti, nessuno si era ancora fatto vivo? Non era possibile nulla del genere, si rispose, e poteva solo dedurne che nello stesso momento in cui la luce aveva lasciato il posto all’oscurità c’era stata l’ennesima variazione dello spazio in cui era costretta a muoversi. “Costretta” perché anche se sembrava le fosse stato lasciato un certo margine di manovra, aveva pochi dubbi sul fatto che nelle linee generali il suo percorso lo avesse stabilito in precedenza qualcun altro. Ne fu ancor più certa un istante dopo, quando l’occhio le cadde sulla targhetta apposta a una delle due ante dell’armadietto e lesse il numero 406.
Dunque la chiave che una mano misteriosa le aveva infilato nella borsetta non apriva, come aveva creduto, la stanza di un albergo di lusso, ma un comune armadietto da quattro soldi.
Inutile perdere altro tempo, si disse rassegnata, e con la mano che un poco le tremava, cominciò ad avvicinare lentamente la chiave alla serratura. Ma era sì e no a metà del breve percorso quando qualcosa l'afferrò bruscamente all'altezza della spalla destra; qualcosa che lei percepì come ossuto anche da sotto gli strati dei vestiti e il suo pensiero andò subito allo scheletro di plastica del luna park.
«Cosa credi di fare con il mio armadietto?» disse dietro di lei una stridula voce di donna.
Luisa si voltò e si trovò di fronte quella che doveva essere l’addetta ai bagni. Non era però la vecchina che ricordava lei ma una giovane alta e magra e dall’aspetto trascurato. Aveva il viso sporco e i capelli tutti scompigliati. Per un momento si chiese se non fosse la sorella dello strano tipo che l’aveva avvicinata due volte durante il tragitto da casa sua a lì, prima nelle vesti di esibizionista e poi in quelle di venditore di giornali. O se addirittura non fosse lui stesso nel suo ennesimo travestimento.
«Il suo armadietto?» replicò incerta Luisa. «Ma hanno dato a me la chiave. Questa».
L’altra, senza scomporsi, frugò sotto la massa di cenci che aveva indosso e un attimo dopo le mostrò quella che, a suo dire, era la vera chiave dell’armadietto. E che era in effetti abbastanza diversa dalla sua.
«Ma il numero sull’armadietto corrisponde a quello della mia chiave» insisté Luisa.
«Fa’ vedere».
«Vero» dovette ammettere la donna. «Ma è solo una coincidenza».
Coincidenza un corno! pensò Luisa, che preferì comunque non polemizzare oltre e restare in attesa di saperne di più.


Viewing all articles
Browse latest Browse all 597