Si sentiva un'aria di cambiamento, gli anni '70 stavano rinnovando miti e liturgie anche nel nostro cinema, dopo che per anni non era venuto fuori niente di nuovo. Era un processo lento, ricordo che non ci sentivamo capiti, che critici e registi parlavano ancora un linguaggio da vecchi. Mentre noi andavamo allo sbaraglio, felici della nostra sincerità, che spesso sembrava solo sprovvedutezza. Ecco, questo era il nostro mondo, di Alessandro e mio.Eleonora Giorgi
Alessandro Momo non morì subito. Se i dati della stampa in questo caso sono esatti, l’incidente avvenne alle 14,35 (ora in cui l’orologio da polso di Momo cessò di correre) sul lungotevere Cadorna, all’altezza dell’ostello della gioventù, e lui morì alle 23,05, dopo un inutile tentativo dei medici di strapparlo alla morte. Ebbe se non altro il tempo di scambiare alcune frasi con il padre prima di essere portato in sala operatoria.
A caldo i giornali furono densi di dettagli sull’incidente e le sue conseguenze, e ambivalenti nei confronti di Momo artista. Ci si concentrava ancora solo sull’attore che Momo avrebbe potuto essere se... ed era una svista perlomeno comprensibile prima dell’uscita del film postumo, Profumo di donna, che in molti avrebbero giustamente accolto come un capolavoro. Un po’ meno comprensibile lo diventa dopo, quando un noto critico cinematografico di nome Giovanni Grazzini (1925-2001) si permetteva ancora di scrivere sul Corriere della sera, in data 23 dicembre 1974:
Al fianco di un Gassman che dà a occhi chiusi un superbo ritratto del suo miles gloriosus, e d’un Momo che fa capire come l’attore avrebbe potuto maturare una volta sottratto al cinema delle porcheriole, c’è Agostina Belli: una sorpresa, una presenza aggraziata e gentile, uno sguardo pulito, una attrice redenta. Potenza di Dino Risi.
Ciò che dimostra questo estratto di recensione di Profumo di donna, in ultima analisi, è solo che Grazzini, e gli altri come lui, parlavano davvero ancora quel "linguaggio da vecchi” che denuncia Eleonora Giorgi nella citazione di apertura del post, e proprio per questo si ritrovano smascherati, messi a nudo, da Samperi e dal suo cinema. Soprattutto mancano di cogliere l'essenziale: il filo rosso che attraversa i tre principali film interpretati da Alessandro Momo e ne fa un trittico altrettanto indissolubile di quello che unisce i tre di James Dean. Quel filo rosso indica, secondo me, molto chiaramente una cosa: che Momo si attirava un certo tipo di ruoli, e che questi ruoli lo riguardavano probabilmente molto di più di quel che chi gli stava vicino, e i registi stessi, fossero in grado di indovinare.
Malizia e Profumo di donna sono in realtà mille volte più vicini tra loro di quanto il film Malizia lo sia alle "porcheriole" a cui vorrebbe assimilarlo Grazzini. E questo al di là dell’alto valore tecnico del film, che funziona in ogni sua parte come un meccanismo oliato alla perfezione e merita di figurare, come minimo, tra i capolavori erotici del decennio.
Con Peccato veniale il discorso un po' cambia. Lo attraversa, come detto, lo stesso filo rosso, e neanche in questo caso si può parlare di un brutto film, ma è evidente il tentativo di Samperi e dei suoi sceneggiatori di battere il ferro finché è caldo, con un quasi remake di Malizia, perfino nella replica di gran del cast di attori, dopo però che le migliori cartucce sono già state sparate tutte o quasi. Rientra nella stessa ottica, una volta divenuto chiaro che Alessandro Momo ha tutte le caratteristiche per diventare un idolo degli adolescenti (e delle adolescenti), anche la rinuncia quasi totale al nudo, così da abbassare il divieto del film dai 18 ai 14 anni (senza che questo sia comunque bastato a impedire che Peccato veniale uscisse nella prima versione home video sforbiciato di otto minuti). Il giovane attore saliva intanto velocemente anche la scala dei cachet, fino ai 30.000.000 di lire ricevuti per Profumo di donna, non molto al di sotto di quello offerto al mostro sacro Gassman.
Momo fu esposto per due giorni alla camera ardente del Santo Spirito, dove in tantissimi si accodarono per rendergli omaggio, mentre i funerali furono celebrati il 22 novembre alla presenza di oltre duemila persone. Tra i volti noti che avevano accompagnato il suo percorso di vita e artistico, oltre a Eleonora Giorgi presenziarono anche Dino Risi, Salvatore Samperi e Agostina Belli. Vittorio Gassman e Laura Antonelli inviarono invece delle corone di fiori. La salma fu poi tumulata al cimitero del Verano, come mostrato nel post precedente.
Io vissi tutto da lontano, e inevitabilmente attraverso il filtro dei resoconti della televisione e dei giornali, ma l'impatto emozionale ne uscì stemperato solo in parte, e non ebbe neanche il tempo di esaurirsi prima che un mese dopo cominciassero, ai lati delle strade e agli ingressi dei cinema, le locandine di Profumo di donna. Difficile descrivere l'impressione che dava la vista di quel manifesto con Momo che si metteva sugli attenti, in un atto di sottomissione ai capricci del dispotico cieco interpretato da Gassman. Ogni volta, per un momento, era come se il sogno del cinema si dimostrasse più reale della realtà, prima di indietreggiare nuovamente e ritornare alla sue due dimensioni originali.
Ancor più impressionante e indimenticabile fu poi il confronto con le scene finali del film, dove si vede Momo allontanarsi e sparire gradualmente dall'immagine. Quasi come a lasciarsi dietro il mondo.
Potrei finire così, con un finale appunto, ma mi rimane da parlare di qualcosa a cui aveva accennato già l'amico blogger Massimiliano Riccardi in un commento alla prima parte dell'articolo. Fu, fin dall'inizio, fin troppo facile trovare analogie tra la parabola dell'italiano Alessandro Momo e quella dell'americano James Dean, consegnati entrambi al culto (molto meno diffuso e appariscente ma comunque sussistente quello di Momo) da un trittico di film di rilievo e morti entrambi giovanissimi a causa di una comune passione fatale per la velocità, a poche settimane di distanza dal completamento del loro ultimo film e nel mezzo di una parabola ascendente che stava facendo loro bruciare le tappe in direzione dei vertici dei rispettivi star system. Di tasca mia aggiungerei però ancora qualcos'altro... mi piace pensare che la parte finale del discorso con cui Elia Kazan presentò il giovane James Dean al personale tecnico e agli altri attori impegnati con lui sul set di East of Eden possa idealmente estendersi anche al giovanissimo attore italiano: …quando lo vedrete sullo schermo, vedrete oro puro.
* * *
La citazione di apertura di Eleonora Giorgi proviene dall'intervista all'attrice di Antonello Sarno per il libro Italian Babilonia (Colorado Noir, 2007).