Dopo una nuova breve pausa mi rifaccio vivo su Insieme Raccontiamo, questo mese grazie anche a un incipit di Patricia Moll particolarmente stuzzichevole. Lo trovate, d'obbligo, più avanti in questo post, oltre che, altrettanto d'obbligo, sul blog Myrtilla's House, nel secondo caso insieme a una foto diversa da quella da me utilizzata. Devo infatti confessare di avere per una volta bellamente ignorato sia il limite delle parole (ho superato di alcune decine le 300) sia il suggerimento fotografico, cosa di cui mi scuso fin d'ora con Patricia. Temo inoltre, come se non bastasse, che il mio contribuito possa, stavolta più che mai, apparire incomprensibile ai più (sebbene sono sicuro non a tutti). Per questo ho anche ritenuto opportuno aggiungere, in chiusura di post, alcune righe di spiegazione.
#insiemeraccontiamo
#raccontibrevi
#raccontibrevi
* * *
L'incipit di Patricia Moll
Alzò gli occhi al cielo. Era diventato tutto nero d’improvviso. Quello che fino a pochi minuti prima era uno zaffiro trasparente e lucente ora pareva pece, come se qualcuno avesse rovesciato pittura nera.
Una giornata di gennaio con parecchi gradi sottozero era diventata notte di colpo.
Fu allora che…
Una giornata di gennaio con parecchi gradi sottozero era diventata notte di colpo.
Fu allora che…
Il mio finale (373 parole)
…capì di essere morto.
Ma tutto quel che si racconta su ciò che succede dopo? Dov’era il tunnel di luce? E i milioni di farfalle colorate? E la suprema beatitudine?
Faceva ancora freddo, invece. Perfino più di prima. E lo circondava sempre una tenebra assoluta.
Almeno finché non cominciarono a spuntare le stelle, sopra e intorno a lui. Dapprima poche e isolate, si riunirono pian piano in tracciati di costellazioni che gli erano solo in parte familiari. Avrebbe così detto di trovarsi a una grande altezza, come ebbe la conferma subito dopo, quando si accorse di essere trasportato in volo da qualcosa ai suoi occhi invisibile ma il cui battito d’ali membranose incrinava il silenzio per il resto assoluto.
Qualunque cosa fosse quella creatura, sembrava comunque dirigersi senza esitazioni verso una particolare fonte luminosa, di cui lui poteva solo dire con certezza che non era una stella, poiché le sue proporzioni aumentavano a ogni istante. La paragonava piuttosto alla luce di un faro che splendesse giallastra lontano nella notte.
Ma ben presto cominciò anche a delinearglisi davanti il nero profilo di una possente costruzione: una torre sul cui contorno cilindrico si rifletteva l'argento delle costellazioni. Era quasi dalla sua sommità che si originava la luce misteriosa, incastonata nella parete di basalto come un occhio sulla fronte di uno smisurato ciclope.
Si trattava, in realtà, di una finestra dalle forme sghembe, attraverso il cui intaglio risplendeva la luce di un fuoco che ardeva in una stanza. Ma questo dettaglio lui lo afferrò vagamente solo quando si trovò a varcarla insieme al suo accompagnatore invisibile.
Trovò ad accoglierlo, all'interno del locale, un’alta figura avvolta in una tunica gialla dai rossi ricami, sul cui volto era posata una maschera di seta, sempre di colore giallo. Fu con voce stentorea che si rivolse al visitatore:
“Bentornato, Carter, nella tua nuova, eterna dimora. Mica avrai creduto di poterci eludere per sempre, con quel tuo sogno infantile della Città del tramonto?”.
Al che l’ometto, che non aveva capito un bel niente di quel che gli era stato appena detto, si guardò intorno perplesso per alcuni istanti, prima di decidersi a replicare alla figura mascherata:
“Stanislao Moulinsky, presumo… in uno dei tuoi consueti travestimenti. Davvero, non mi aspettavo che ti avrei avuto tra le scatole anche dopo morto!”.
Nota esplicativa: Come alcuni di voi si saranno certo accorti, questo mio scherzetto prende le mosse dal romanzo breve di Howard Phillips Lovecraft, La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath, di cui ho utilizzato in totale libertà alcuni elementi narrativi. Il suo protagonista, Randolph Carter, appare anche in altri quattro racconti del Ciclo dei Sogni, ciclo che si diversifica dal resto della produzione dello scrittore americano per l'accentuato lirismo di almeno parte delle descrizioni. Non posso ovviamente sapere se il solitario di Providence avrebbe o no apprezzato un simile stravolgimento dei suoi temi e delle sue atmosfere, ma non sarei neanche pronto a giurare che in fondo in fondo, sotto la spessa scorza del pessimista cosmico, non si nascondesse in realtà un gran burlone.
Mentre "l'altro Carter", ossia il Carter del mio intervento, è, naturalmente, l'inossidabile Nick Carter, principale protagonista della memorabile trasmissione televisiva del 1972 Gulp! i fumetti in TV.
Ma tutto quel che si racconta su ciò che succede dopo? Dov’era il tunnel di luce? E i milioni di farfalle colorate? E la suprema beatitudine?
Faceva ancora freddo, invece. Perfino più di prima. E lo circondava sempre una tenebra assoluta.
Almeno finché non cominciarono a spuntare le stelle, sopra e intorno a lui. Dapprima poche e isolate, si riunirono pian piano in tracciati di costellazioni che gli erano solo in parte familiari. Avrebbe così detto di trovarsi a una grande altezza, come ebbe la conferma subito dopo, quando si accorse di essere trasportato in volo da qualcosa ai suoi occhi invisibile ma il cui battito d’ali membranose incrinava il silenzio per il resto assoluto.
Qualunque cosa fosse quella creatura, sembrava comunque dirigersi senza esitazioni verso una particolare fonte luminosa, di cui lui poteva solo dire con certezza che non era una stella, poiché le sue proporzioni aumentavano a ogni istante. La paragonava piuttosto alla luce di un faro che splendesse giallastra lontano nella notte.
Ma ben presto cominciò anche a delinearglisi davanti il nero profilo di una possente costruzione: una torre sul cui contorno cilindrico si rifletteva l'argento delle costellazioni. Era quasi dalla sua sommità che si originava la luce misteriosa, incastonata nella parete di basalto come un occhio sulla fronte di uno smisurato ciclope.
Si trattava, in realtà, di una finestra dalle forme sghembe, attraverso il cui intaglio risplendeva la luce di un fuoco che ardeva in una stanza. Ma questo dettaglio lui lo afferrò vagamente solo quando si trovò a varcarla insieme al suo accompagnatore invisibile.
Trovò ad accoglierlo, all'interno del locale, un’alta figura avvolta in una tunica gialla dai rossi ricami, sul cui volto era posata una maschera di seta, sempre di colore giallo. Fu con voce stentorea che si rivolse al visitatore:
“Bentornato, Carter, nella tua nuova, eterna dimora. Mica avrai creduto di poterci eludere per sempre, con quel tuo sogno infantile della Città del tramonto?”.
Al che l’ometto, che non aveva capito un bel niente di quel che gli era stato appena detto, si guardò intorno perplesso per alcuni istanti, prima di decidersi a replicare alla figura mascherata:
“Stanislao Moulinsky, presumo… in uno dei tuoi consueti travestimenti. Davvero, non mi aspettavo che ti avrei avuto tra le scatole anche dopo morto!”.
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Nota esplicativa: Come alcuni di voi si saranno certo accorti, questo mio scherzetto prende le mosse dal romanzo breve di Howard Phillips Lovecraft, La ricerca onirica dello sconosciuto Kadath, di cui ho utilizzato in totale libertà alcuni elementi narrativi. Il suo protagonista, Randolph Carter, appare anche in altri quattro racconti del Ciclo dei Sogni, ciclo che si diversifica dal resto della produzione dello scrittore americano per l'accentuato lirismo di almeno parte delle descrizioni. Non posso ovviamente sapere se il solitario di Providence avrebbe o no apprezzato un simile stravolgimento dei suoi temi e delle sue atmosfere, ma non sarei neanche pronto a giurare che in fondo in fondo, sotto la spessa scorza del pessimista cosmico, non si nascondesse in realtà un gran burlone.
Mentre "l'altro Carter", ossia il Carter del mio intervento, è, naturalmente, l'inossidabile Nick Carter, principale protagonista della memorabile trasmissione televisiva del 1972 Gulp! i fumetti in TV.
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L'immagine di apertura del post è: Sunset. Providence, RI by Tenchiro